I test per le intolleranze alimentari

di | 24 Gennaio 2013

intolleranza-alimentareNegli ultimi anni, parallelamente all’aumento di tutte le malattie allergiche nel mondo occidentale, si e’ assistito ad un sempre più frequente ricorso, sia da parte dei medici che da parte dei pazienti, alle metodiche diagnostiche cosiddette “alternative” o “complementari”. I sostenitori di tale approccio
ritengono che esista una vastissima gamma di segni e sintomi attribuibili all’ingestione di certi alimenti, ma non inquadrabili nelle forme di allergia classica immediata e non diagnosticabili con i Prick o il RAST. I sintomi che appartengono ai questi così detti quadri di “intolleranza alimentare” deriverebbero per lo più da un’azione nociva causata dall’accumulo nel tempo dei cibi offendenti e per questo spesso non sarebbero facilmente ricollegabili all’alimento che li determina. Quindi la correlazione fra alimento sospetto e disturbo non e’ così evidente come nelle allergie, ma e’ subdola e difficilmente identificabile.
Le intolleranze alimentari comprendono i disturbi più vari come la cefalea, la stanchezza-affaticabilità, l’aumento ponderale o l’incapacità di perdere peso anche seguendo le diete più drastiche, disturbi intestinali di varia natura (diarrea, stipsi, acidità gastrica, gonfiore addominale, flatulenza), sintomi cutanei (prurito, secchezza della pelle, foruncoli). Inoltre i meccanismi patogenetici che dovrebbero stare alla base di questi disturbi, non sono noti, diversamente da quanto accade delle allergie propriamente dette, di cui ben si conosce l’azione dei principali “attori”, ovvero le IgE specifiche, i linfociti e le citochine coinvolte.
L’impossibilità di definire i meccanismi responsabili delle intolleranze alimentari porta come conseguenza l’assenza di un test diagnostico specifico e al contrario apre la strada all’introduzione di numerose indagini, spesso costose e assolutamente prive di basi scientifiche. Tra esse ricordiamo ad es. il test kinesiologico, basato su una presunta riduzione della forza muscolare indotta dall’allergia, l’analisi del capello e i test elettrodermici, come il Vega, basati sul presupposto, mai dimostrato, di variazioni della corrente elettrica cutanea in seguito al contatto con alimenti non tollerati, ma anche test apparentemente più “tecnici” come il test citotossico, in cui dopo esecuzione di un prelievo di sangue, vengono isolati i linfociti, messi a contatto con estratti di alimenti e ne viene valutata la capacità proliferativa, come misura della sensibilità a quello specifico alimento. Ancora una volta va sottolineato che non ci sono studi scientifici a supporto del valore diagnostico di queste indagini, e al contrario diversi studi ne hanno dimostrato la assoluta inattendibilità (dal sito www.siaip.it).